Diritto Immobiliare: Quali Sono Le Azioni a Difesa della Proprietà

AZIONI A DIFESA DELLA PROPRIETÀ

Le azioni a difesa ovvero a tutela della proprietà sono:

  • Azione di rivendicazione
  • Azione negatoria
  • Azione di regolamento di confini
  • Azione per apposizione di termini

L’azione di rivendicazione è la principale azione posta a tutela del diritto di proprietà. Con tale azione il proprietario fa valere il suo diritto di proprietà per recuperare la cosa da altri illegittimamente posseduta o detenuta.

L’azione di rivendicazione ha una finalità restitutoria in quanto il proprietario, che al momento non ha il possesso della cosa, chiede, previo accertamento del proprio diritto, la condanna alla restituzione del bene.

L’azione è rivolta non solo nei confronti della persona che per prima si è impossessata del bene, ma contro chiunque ne abbia attualmente la disponibilità, avendo essa natura reale.

Una volta che l’azione viene proposta, la legittimazione passiva si cristallizza e non viene meno neanche nel caso in cui tale soggetto chiamato in giudizio si sia liberato della cosa. Infatti, secondo quanto disposto dal codice civile in materia di proprietà, il convenuto che ha cessato per fatto proprio di avere la disponibilità della cosa, è obbligato a recuperarla a proprie spese o, in mancanza, a restituire il valore al legittimo proprietario, oltre al pagamento di un risarcimento del danno.

Qualora il proprietario ponga in essere l’azione verso il nuovo detentore ed ottenga la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al possessore precedente la somma ricevuta in luogo della cosa rivendicata.

L’onere della prova spetta a chi agisce in giudizio. L’attore deve fornire, con qualsiasi mezzo di prova, la dimostrazione del suo diritto di proprietà.

L’accertamento del diritto del proprietario può presentare delle difficoltà, soprattutto se si tratta di beni immobili. Si parla di probatio diabolica in quanto il proprietario deve risalire nel tempo tutta la serie di atti di disposizione del bene, fino a che non siano maturati i requisiti di un acquisto a titolo originario.

Non basta infatti che il soggetto dimostri di aver acquistato il bene in base ad una compravendita, ad una donazione o ad una successione mortis causa, perché a sua volta il suo dante causa potrebbe non essere stato proprietario.
Nell’assolvimento di tale onere di prova, l’attore può giovare dell’istituto dell’usucapione, dimostrando che è maturato il tempo necessario per l’acquisto a titolo originario.

L’azione di rivendicazione è imprescrittibile, salvo il passaggio di tempo necessario affinché avvenga l’acquisto a titolo originario del possessore base all’istituto dell’usucapione.

Qualora venga accertato il diritto di proprietà in capo all’attore, ne deve conseguire l’esercizio dell’azione di restituzione del bene.

Un’altra azione a tutela della proprietà è l’azione negatoria ex art. 949 c.c. Tale azione viene esercitata dal proprietario contro chi affermi l’esistenza di un diritto reale sulla cosa. Ad esempio viene esperita per accertare che sulla proprietà non insista un diritto di usufrutto o una servitù prediale.

Oltre a svolgere una funzione di accertamento negativo della libertà del fondo, ha anche funzione inibitoria, in quanto l’attore può chiedere al giudice un ordine di cessazione delle interferenze indesiderate di terzi con il proprio diritto di proprietà.

Se un terzo ha realizzato opere sul fondo del proprietario, tale azione assume anche funzione ripristinatoria e risarcitoria, se vi è la dimostrazione dell’esistenza di un danno.

L’onere della prova, a differenza dell’azione di rivendica, grava sul convenuto in quanto il bene si presume libero da diritti reali minori.

L’azione è imprescrittibile, salvi gli effetti dell’acquisto del diritto reale di godimento da parte di altri per usucapione.

L’azione di regolamento di confini è volta ad identificare in modo esatto il confine tra due fondi qualora la linea materiale di demarcazione sia incerta.

L’incertezza può essere intesa sia in senso oggettivo, quando un limite riconoscibile manca o è venuto a mancare nel corso del tempo, sia in senso soggettivo, ossia quando vi sia una discrepanza tra il limite fisicamente tracciato sul suolo e il limite che risulta nell’atto di acquisto o risultante dalle mappe catastali.

L’onere della prova è simmetrico in quanto entrambe le parti in giudizio possono dare la prova del confine con qualsiasi mezzo.

L’azione per apposizione di termini, differentemente dalla precedente azione, presuppone che non vi sia alcuna incertezza in merito alla determinazione della linea di demarcazione tra i due fondi contigui; sono solo venuti a mancare o divenuti irriconoscibili i limiti materiali, quali filo spinato, muri, pietre, staccionate, e di conseguenza l’attore in giudizio richiede al giudice che tali segnali siano ristabiliti, col concorso necessario dell’altro nella spesa.

AZIONI A TUTELA DEL POSSESSO

Il legislatore italiano ha posto in essere delle disposizioni che consentono al possessore di reagire nei confronti dei fatti lesivi del suo possesso, anche qualora siano esercitati dal titolare del diritto reale sul bene oggetto di possesso.
Le azioni a tutela del possesso sono:

  • Azione di reintegrazione o di spoglio
  • Azione di manutenzione

L’azione di reintegrazione nel possesso può essere esperita qualora il possessore venga privato violentemente ed in maniera occulta del possesso, allo scopo di riottenere la disponibilità materiale del bene.

Lo spoglio consiste nell’acquisto del potere di fatto sul bene da altri posseduto. Affinché possa essere esercitata l’azione, lo spoglio deve essere duraturo, violento e clandestino.
Da notare che la giurisprudenza ha più volte precisato che per violento si intende uno spoglio contro la volontà del possessore. L’autore dello spoglio deve quindi essere consapevole di agire contro tale volontà, anche se si presume colpevole anche il comportamento di chi ha agito senza assumere le adeguate informazioni.

La legittimazione attiva spetta al possessore, anche mediato. Può essere inoltre esercitata anche dal detentore qualificato nei confronti del possessore e verso terzi, e dal detentore non qualificato, il quale può esercitarla solo nei confronti di terzi.

La legittimazione passiva invece è in capo all’autore dello spoglio e al terzo consapevole a cui il bene è stato consegnato prima del processo. Ai sensi della sentenza della corte di Cassazione n6189/2003 “le azioni possessorie sono esperibili davanti al giudice ordinario nei confronti della p.a. […] quando il comportamento […] si risolve in una attività materiale, non sorretta da atti o provvedimenti formali”.

L’azione deve esperita entro un anno dallo spoglio o dal giorno della scoperta di esso se è caratterizzato dalla clandestinità.

L’azione di manutenzione è prevista nell’art 1170 c.c. Secondo cui “Chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un immobile o di un’universalità di mobili può, entro l’anno dalla turbativa, chiedere la manutenzione del possesso medesimo”.

Tale azione assolve ad una doppia funzione: conservativa del possesso e del pacifico godimento in atto e inibitoria/preventiva di comportamenti che interferiscono con il possesso.

La legittimazione attiva è propria del possessore di beni immobili o universalità di mobili da oltre un anno. Differentemente dall’azione di reintegrazione, il mero detentore non può esperire l’azione di manutenzione.
Il possessore è tenuto a chiamare in giudizio l’autore della turbativa, con esclusione del sub-acquirente.

Il termine di decadenza per porre in essere tale azione è 1 anno dalla turbativa.

Al comma terzo articolo 1170 è prevista la possibilità di agire in reintegrazione per la vittima di uno spoglio con caratteristiche diverse da quelle previste dall’articolo 1168. Si parla del cosidetto “spoglio non violento.

È un rimedio ibrido in quanto, rispetto all’azione di reintegrazione, condivide la finalità ricuperatoria, rispetto all’azione di manutenzione, condivide la struttura manutentivo-inibitoria.

Infatti questa particolare forma di tutela possessoria presuppone che vi sia stato una molestia in atto al momento della proposizione della domanda di manutenzione. Tale molestia è caratterizzata dall’assenza di violenza e clandestinità.

USUCAPIONE IMMOBILIARE

A seguito di un possesso duraturo e continuato nel tempo, è possibile acquistare un immobile per usucapione.

Ai fini di tale acquisto sono necessari una serie di presupposti; innanzitutto chi intende usucapire l’immobile deve possedere il bene in modo non vizioso, quindi non acquisito con violenza e clandestinità, e per un determinato periodo di tempo continuato e ininterrotto.
Per violenza si intende un acquisto contro la volontà del precedente possessore, mentre clandestinità significa che il possesso venga conseguito con modalità tali da nasconderlo al soggetto spogliato del bene.
Il possesso quindi deve avvenire alla luce del sole, senza però la necessità della conoscenza dello spogliato. Ciò significa che è sufficiente esercitare il possesso pubblicamente.

Il secondo presupposto è il decorso del tempo. In particolare per l’usucapione di un immobile sono necessari 20 anni di possesso.

Una precisazione deve essere compiuta riguardo ai terreni o immobili dello stato. Tali beni non possono essere oggetto di usucapione. È tuttavia possibile usucapire un immobile ereditato dallo stato e successivamente occupato da un privato.

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