Assegno divorzio: Come si calcola?

Assegno divorzio: dalla Cassazione via il criterio del “tenore di vita matrimoniale” per la “valutazione dell’autosufficienza”.
La sentenza su “autosufficienza economica” non vincolante per i giudici

Come si calcola l’assegno del divorzio?
Per la quantificazione dell’assegno di divorzio il parametro del tenore di vita familiare, che era ormai consolidato, non sarà più determinante dovendosi piuttosto dimostrare:

  1. di non essere autosufficienti;
  2.  di non esserlo a causa di scelte familiari.

Ciò è quanto ha stabilito la Cassazione con una sentenza rivoluzionaria 11504/2017 che, dopo oltre 30 anni di consuetudine in materia di assegno di divorzio, ha accantonato il criterio del tenore di vita matrimoniale in virtù del quale si stabilivano il riconoscimento e l’entità dell’assegno stesso sostituendolo con la valutazione dell’autosufficienza.

Ovvero, come precisato letteralmente, è compito dell’ex coniuge che chiede l’assegno “allegare, dedurre e dimostrare di non avere i mezzi adeguati e di non poterseli procurare per ragioni obiettive”; fermo restando, ovviamente, “il diritto all’eccezione e alla prova contraria dell’altro ex coniuge” al quale l’assegno è richiesto. In caso di contestazione sarà, dunque, facoltà del giudice di disporre indagini anche con l’ausilio della polizia tributaria.

Quindi ormai si cambia totalmente strada? La sentenza fa venir meno il principio della “solidarietà economica” nei confronti del coniuge più debole?

In questo senso il dibattito pubblico è molto acceso, ma più sul versante sociologico che squisitamente tecnico. Va assolutamente precisato che l’ordinamento giuridico italiano si discosta profondamente da quelli di tipo anglosassone dove una sentenza assume valore per così dire vincolante o comunque suscettibile di influenzare le decisioni di altri tribunali o giudici. Al contrario, il sistema italiano assicura ai giudici la piena autonomia e libertà nel giudicare e, per tale motivo, saranno liberi di aderire o meno all’indirizzo dettato dalla sentenza di cui si discute.

E ciò a maggior ragione nel caso di specie trattandosi della sentenza di una sezione singola della Cassazione e non di una sentenza a sezioni unite. Si potrebbe addirittura arrivare a sentenze di altre sezioni che si discostano dall’indirizzo innovativo di cui stiamo parlando o persino una sentenza a sezioni unite di indirizzo contrario che ne annullerebbe ogni effetto.

Peraltro la sentenza in questione si riferisce al solo assegno di divorzio e non anche al mantenimento fissato in sede di separazione. Ciò significa che probabilmente ogni tribunale deciderà caso per caso, valutando un numero elevato di variabili e circostanze da tenere in debito conto prima di negare l’assegno.

Resta tuttavia il valore generale della sentenza, ovvero l’aver tracciato un orizzonte verso una maggiore parità di diritti e doveri, che dovrà esplicarsi giuridicamente nella dimostrazione della propria effettiva debolezza.

Il matrimonio è infatti un “atto di libertà” e non più una sistemazione definitiva, per cui “si deve ritenere – afferma la Cassazione – che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale”.

Il divorzio, così, restituisce agli ex coniugi lo “status di persone singole”, anche dal punto di vista economico-patrimoniale, fatto salvo l’esercizio delle responsabilità genitoriali in presenza di figli.

La sentenza approfondisce, ma allo stesso tempo amplia sensibilmente, quanto già da tempo affermato dalla suprema Corte: “Lo scopo di evitare rendite parassitarie e ingiustificate proiezioni matrimoniali di un rapporto personale sciolto può essere raggiunto utilizzando in maniera prudente, in una visione ponderata e globale, tutti i criteri di quantificazione che sono idonei ad evitare siffatte rendite ingiustificate, nonché a responsabilizzare il coniuge che pretende l’assegno, imponendogli di attivarsi per realizzare la propria personalità, nella nuova autonomia di vita, alla stregua di un criterio di dignità sociale…” (vedasi pronuncia n. 11490/1990).

Ecco un esempio di discostamento all’interno di sezioni della Cassazione da precedenti sentenze. Il che ci riporta al punto di partenza: si fa strada il criterio dell’autosufficienza economica al posto del tenore di vita, ma questo nuovo percorso non è vincolante in sede di giudizio e si attende una necessaria pronuncia a sezioni unite per “consacrare” questa rivoluzione o al contrario frenarla.

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