Bullismo, risarcimento danni sulle spalle di scuola e genitori

Lo scenario di riferimento

Sempre più all’ordine del giorno una cronaca fitta e martellante di episodi di bullismo e comportamenti violenti verso coetanei o anche docenti.
Il fenomeno quali livelli ha raggiunto?
Quali sono le cause e le responsabilità?
Come intervenire?
Sono molteplici gli interrogativi in un contesto di crisi delle principali istituzioni educative, dalla famiglia alla scuola.

Per dirla brevemente in numeri: “Oltre la metà dei ragazzi italiani tra gli 11 e 17 anni è stata vittima di atti di bullismo e le femmine vengono prese di mira più spesso dei maschi. Il fenomeno è più frequente tra chi ha pochi amici e la migliore cosa da fare per difendersi è parlare con i genitori”. È quanto si legge nel Rapporto Italia 2018 dell’Eurispes che cita lo studio Istat “Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi”.
I dati principali evidenziano che la fascia d’età più bersagliata è quella tra gli 11 e i 13 anni: i più piccoli infatti sono stati bullizzati “qualche volta a settimana” nell’11,3% dei casi e “una o più volte al mese” nell’11,2%, a fronte del 7,6% e del 10,3% dei ragazzi tra i 14 e i 17 anni.

Ma chi paga?

La stessa cronaca quotidiana già citata ci ha abituati, però, a risvolti gravissimi fino al suicidio della vittima. Nel caso di minori su chi pesano, quindi, le conseguenze di illeciti commessi ai danni di coetanei indifesi?

Innanzitutto, quale che sia la forma di bullismo, la psicopedagogia ritiene che esso “sia anche frutto di una carenza educativa da parte delle famiglie, con genitori che accontentano i figli in tutto e non pongono loro limiti pensando di fargli del bene; questo porta all’incapacità dei giovani di gestire conflitti e normali dinamiche relazionali coi coetanei. Ad aggravare il problema le tecnologie digitali messe impropriamente in mano a giovanissimi, non in grado di usarli”.

Ciò si traduce nel rischio di responsabilità civile dei genitori che ha già trovato conferma nelle corti di giustizia come nel caso di recenti pronunce:

  1. presso il Tribunale di Roma, sentenza n.6919 aprile 2018, che ha giudicato la scuola responsabile per “culpa in vigilando” dei danni non patrimoniali (lesioni personali) subiti da uno studente “per non avere gli insegnanti ed il Dirigente preso adeguati provvedimenti contro l’aggressore, nonostante le ripetute segnalazioni ricevute”. Il Tribunale ha inoltre condannato lo stesso bullo, ormai maggiorenne, ed i suoi genitori, accusati di “culpa in educando”, ossia colpevoli di non avere impartito all’autore degli illeciti un’educazione adeguata;
  2. presso il Tribunale di Sulmona, sentenza n.103 aprile 2018, che ha condannato ancora per culpa in educando al pagamento dei danni i genitori di un minore cyberbullo, rispetto alla diffusione non autorizzata di fotografie senza veli di una coetanea.

Tali conseguenze derivano dall’applicazione del art. 2048 del codice civile secondo cui: “Il padre e la madre, o il tutore sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante. I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza”.
Le persone indicate nella norma sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto.

Il cyberbullismo

Il bullismo è quindi il “forte contro il debole, la minaccia, la prevaricazione, lo scherno”. E non è un fenomeno nuovo, ma ha sempre fatto parte del contesto sociale; mentre oggi, di fronte alla società ipertecnologica, assume nuove forme come quella del cyberbullismo. Questo si caratterizza per tre elementi principali:

  1. pervasività – potendo avvenire in qualsiasi momento e luogo, con possibilità di diffusione virtualmente infinite e la conseguenza di barbare gogne mediatiche;
  2. persistenza – poggiando su contenuti online per tempo indefinito;
  3. mancanza di empatia – protetto anonimamente dallo schermo del pc o di uno smartphone, il bullo non ha alcuna possibilità di “connettersi” con il dolore della vittima.

Basandosi ancora su numeri e analisi, emerge che “nel 2017 un ragazzo su 10, tra gli 11 e i 13 anni, ha confermato di essere vittima di violenza in rete, mentre la percentuale scende (di poco) all’8,5% tra gli adolescenti tra i 14 e i 19 anni. Tra gli adolescenti la percentuale è in crescita rispetto al 2016 con un dato intorno al 6,5%. Inoltre, il bullismo offline è un fenomeno ancora frequente e ha interessato lo scorso anno il 28% di adolescenti e il 30% di preadolescenti”. Si tratta di una recente rilevazione dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza Onlus e Skuola.net su 8 mila studenti.

Nel caso del cyberbullismo, però, si è realizzato un passaggio normativo importante con la legge 71 del 2017 e l’identificazione di reato vero e proprio inteso come “qualunque  forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un  minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Sullo specifico, attivando misure preventive di controlli sul web e maggior coinvolgimento delle scuole nel contrasto alle molestie on line, ecco i cardini della legge citata:

  1. oscuramento del web – il minore sopra i 14 anni vittima di cyberbullismo (o anche il genitore) può chiedere al gestore del sito internet o del social media o al titolare del trattamento di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in rete. Senza una risposta entro 48 ore, l’interessato può rivolgersi al Garante della privacy che interviene direttamente;
  2. docente antibulli – In ogni istituto tra i professori sarà individuato un referente per le iniziative contro il cyberbullismo. Al preside spetterà informare subito le famiglie dei minori coinvolti e attivare adeguate azioni educative;
  3. ammonimento da parte del Questore – in caso di ingiuria, diffamazione, minaccia o trattamento illecito di dati personali via web, fino a quando non vi sia una querela o denuncia il cyberbullo, sulla falsariga di quanto già è previsto per lo stalking, potrà essere formalmente ammonito dal questore che lo inviterà a non ripetere gli atti vessatori. Insieme al minore sarà convocato anche un genitore. Gli effetti dell’ammonimento cessano al compimento della maggiore età;
  4. piano d’azione e monitoraggio – presso la Presidenza del Consiglio istituito un tavolo tecnico con il compito di redigere un piano di azione integrato per contrastare e prevenire il cyberbullismo e realizzare una banca dati per il monitoraggio del fenomeno.

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