La giurisprudenza che anticipa la legge
Con l’ormai consolidata mutazione della composizione delle famiglie, laddove l’animale domestico è diventato davvero parte integrante del nucleo, anche la giurisprudenza – in assenza di interventi legislativi chiari e dedicati – ha dovuto fornire indicazioni risolutive e di impegno verso questi particolari “figli” in caso di separazione e divorzio.
Le sentenze dei Tribunali sono già numerose. Ultimo atto in ordine di tempo un decreto della corte di Sciacca in Sicilia recante la disposizione di affidamento condiviso di un cane con la permanenza di una settimana a testa tra gli ex coniugi e l’equa divisione delle spese.
Ma già nel 2013 un’ordinanza del Tribunale di Milano ha indicato che: “Ritenuto che l’animale di compagnia non può essere più collocato nell’area semantica concettuale delle ‘cose’, ormai nell’area degli esseri ‘senzienti’, i coniugi che procedono a separazione personale possono validamente stabilire, in seno agli accordi, che un animale di compagnia, nella specie un gatto, resti a vivere nell’ambiente dove permane la moglie, e dove è anche collocata la figlia minorenne della coppia; sulla moglie graveranno le spese ordinarie relative all’animale, mentre le spese straordinarie per il medesimo graveranno, in parti uguali, tra i coniugi”.
I dettagli di un caso di Studio
A prescindere da quanto può accadere in fase giudiziale la materia è costantemente oggetto di trattative nei casi di separazioni o divorzi consensuali.
Ad esempio, è stato recentemente trattato dal nostro studio legale il caso di due coniugi che, dovendosi separare e non avendo avuto figli, hanno avuto come unico punto di contratto quello attinente al mantenimento e collocamento dei due cani di famiglia.
Fortunatamente, in sede di negoziazione assistita, è stato faticosamente raggiunto un accordo in virtù del quale:
1) Il marito verserà all’ex moglie, a titolo di sostentamento dei due cani che a lei resteranno affidati, l’importo mensile di euro 200,00, con decorrenza dal mese di sottoscrizione del presente accordo;
2) le spese mediche necessarie dei cani così come quelle sostenute per la loro pensione (massimo di 30 giorni nei mesi estivi e per un massimo di 20 giorni nei mesi invernali) saranno a carico dei coniugi nella misura del 50% ciascuno. Il marito, quindi, si impegna a rimborsare la sua quota previa ricezione dei giustificativi di spesa da parte della moglie;
3) i coniugi concordano altresì che nel momento in cui sopraggiungerà la morte di uno dei due cani (qualunque esso sia), l’importo mensile previsto verrà dimezzato e cesserà al momento del decesso dell’altro cane;
4) il marito, entro 15 giorni dalla data odierna, si impegna a versare all’ex moglie l’importo di euro 1.300,00 a titolo di arretrati sul mantenimento dei cani.
Dall’analisi delle predette condizioni emerge che i criteri attraverso i quali si sono gestiti i cani risultano gli stessi che vengono utilizzati per i figli avendo come unico obiettivo la disciplina della collocazione, frequentazione e mantenimento degli stessi.
2 risposte
Però mi chiedo se questa cosa è concretamente applicabile in caso di separazione tra due “non coniugi”, cioè ex conviventi.
Buonasera Signora, la sua osservazione è corretta.
Infatti, nel caso di coppia non coniugata, le sorti dell’animale domestico potrebbero confluire in una scrittura privata.
Sarebbe possibile inserire la relativa disciplina nell’accordo che abbia ad oggetto la regolamentazione dei figli ma, da un lato, devono per l’appunto esistere figli e, dall’altro, il Giudice potrebbe espungere le relative condizioni dal novero di quelle disciplinabili.
Cordialità
Studio Legale Mauro