Riepilogando sulle nuove disposizioni in merito all’entità di un assegno di divorzio, va ricordato che a seguito di diverse sentenze della Corte di Cassazione si è recentemente stabilita, come regola generale, non più il riferimento al tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio, ma il riconoscimento di un livello di reddito in base al contributo apportato dal coniuge “debole” durante il matrimonio.
Ecco che il calcolo dell’assegno, che spetta al Giudice, non avviene con il ricorso a criteri prestabiliti ma dalla valutazione del caso specifico. Tanto più che, con una recente ordinanza della Suprema Corte, n°11178 di aprile 2019, si riafferma l’abbandono di una concezione meramente assistenziale dell’assegno divorzile a vantaggio della “necessità della valutazione dell’intera storia coniugale e di una prognosi futura che tenga conto delle condizioni dell’avente diritto all’assegno (età, salute, etc.) e della durata del matrimonio”. Non secondari, peraltro, “il profilo perequativo-compensativo dell’assegno e la necessità di un accertamento rigoroso del nesso di causalità tra scelte familiari e situazione dell’avente diritto al momento dello scioglimento del vincolo coniugale”.
In altre parole, da qui in poi sarà escluso ogni automatismo basato sul criterio del precedente tenore di vita, mentre si aprono le porte ad indagini caso per caso che abbiano ad oggetto il ruolo del coniuge debole nella formazione-progressione della famiglia
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