Separazione e divorzio: tra soluzione consensuale e intervento giudiziale

Separazione e divorzio (consensuale o giudiziale) sono 2 tappe che qualunque coppia sposata deve necessariamente percorrere allo scopo di porre fine al proprio matrimonio.

I tempi e le modalità possono essere diverse in base ai dettagli del caso, alle soluzioni conflittuali o meno che si intendono perseguire e, chiaramente, alla capacità del legale al quale ci si affida.

Una volta affrontata la separazione si può procedere al divorzio, ma non prima che siano trascorsi sei mesi e sempre che nel frattempo non sia intervenuta una riconciliazione.

Il presupposto indefettibile che la legge pone alla base della richiesta di separazione è previsto dall’art. 151 del Codice Civile che abilita uno o entrambi i coniugi a richiedere la separazione qualora si siano verificati fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole.

Tu: “Come scelgo la migliore strada da intraprendere?”
Considerando che separazione e divorzio non sono soluzioni precostituite per tutti, ma si suddividono in consensuale e giudiziale, è fondamentale affidarsi ad un legale esperto in diritto di famiglia che sappia analizzare il tuo caso specifico e decidere la strategia da seguire.

Generalmente, anche in funzione di un notevole risparmio di tempi e costi e soprattutto per preservare quanto più possibile la serenità tua e dei tuoi figli, è preferibile percorrere la via consensuale che si caratterizza, appunto, per l’esistenza di un accordo (o consenso) dei coniugi su tutte le condizioni della separazione o del divorzio (mantenimento, collocazione e frequentazione dei figli, assegnazione della casa coniugale, etc).

Separazione consensuale
Prendiamo ad esempio il caso di una separazione consensuale, la stessa si avvia con una “domanda” congiunta:
1. rivolta al Giudice competente per territorio (di solito il Tribunale del luogo di residenza della coppia);
2. redatta e sottoscritta da un avvocato (che può essere comune o di fiducia di ciascun coniuge).

Questa formula si percorre allorquando i coniugi, come su specificato, siano concordi su tutte le condizioni di separazione (mantenimento dell’altro coniuge e/o dei figli, collocazione e frequentazione degli stessi, assegnazione della casa coniugale etc).

Tale accordo, sotto forma di ricorso congiunto, deve essere sottoposto dal legale all’attenzione del Giudice il quale è chiamato ad “approvarlo” o rigettarlo previa verifica della conformità dell’accordo alla legge ed agli interessi dei figli di minore età (se presenti).

Esiste peraltro la possibilità di prescindere da questa procedura e di raggiungere il risultato attraverso altre strade offerte dalla legge. La prima, è la cosiddetta negoziazione assistita nella quale è l’avvocato a rivestire un ruolo determinante mentre la seconda passa per l’Ufficio di Stato Civile del Comune di residenza al quale i coniugi possono presentarsi, laddove abbiano raggiunto un accordo e se non ci siano minori, con handicap o non autosufficienti sul piano economico.

Quale che sia comunque la via scelta (separazione di fatto, consensuale o giudiziale) solo dopo questa fase si apre la strada al divorzio che consente di far cessare definitivamente gli effetti del matrimonio, sia sul piano personale che su quello patrimoniale.

Tu: “Ottenuta la separazione non resta quindi che il divorzio?”
Sì. Se non interviene una riconciliazione si procede verso il divorzio, disciplinato con l’art. 149 del codice civile attraverso il quale viene sciolto il vincolo matrimoniale.

Divorzio giudiziale
Occorre in primo luogo chiarire che non esiste una necessaria consequenzialità tra la separazione consensuale ed il divorzio consensuale tant’è che, laddove intervengano fatti nuovi, si è liberi adire il giudice in via giudiziale anche nel caso in cui ci si sia separati consensualmente (si pensi al caso in cui intervengano richieste di modifica delle condizioni di separazione, o un peggioramento delle condizioni economiche o dei rapporti tra coniugi).

Il divorzio giudiziale proprio come la separazione consensuale viene avviato da uno dei coniugi attraverso un ricorso, redatto dall’avvocato, con il quale si prospettano al giudice – generalmente quello competente per il luogo dell’ultima residenza dei coniugi – le condizioni di divorzio; anche in questo caso il Tribunale fissa con Decreto:

1. la data della prima udienza di comparizione dei coniugi e dei loro avvocati;

2. la data entro la quale il coniuge ricorrente dovrà comunicare (tecnicamente si parla di “notifica”) il ricorso all’altro coniuge;

3. il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti.

Alla prima udienza di comparizione (che nei Tribunali delle grandi città viene tenuta a distanza di mesi) il giudice tenta la conciliazione dei coniugi e, se questa fallisce, “sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, dà, anche d’ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo”.

Con la prima udienza si avvia un percorso di udienze e di valutazione delle rispettive condizioni per arrivare alla sentenza definitiva di scioglimento matrimoniale. La tempistica media di questo specifico procedimento è lunga e varia a seconda dei tribunali e della complessità delle singole situazioni.

In un quadro normativo e procedurale molto complesso ed articolato nel quale proliferano conflitti, delusioni, aspettative, diventa necessario affidarsi ad un esperto avvocato matrimonialista che sappia indirizzare la tua volontà verso strade concretamente percorribili preservando sia il profilo emotivo che l’interesse economico.

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