Figli minori: si fa strada l’affido paritario, più equilibrio e dignità tra madre e padre

Una nuova rivoluzione sull’affidamento dei figli

Largo alle pari opportunità tra genitori su frequentazione ed educazione dei figli: accolta anche dal Tribunale di Roma, dopo un importante precedente a Brindisi, la prospettiva dell’affidamento paritetico del o dei minori di coppie separate consensualmente.

Con la sentenza numero 82394/2016 dello scorso settembre, infatti, il Tribunale di Roma ha stabilito che “cessata qualsivoglia comunione materiale e spirituale, si omologano le condizioni stabilite tra gli ex, i quali, con riferimento alle figlie minori, si sono orientati verso una permanenza equilibrata con il padre e con la madre”.

Più nel dettaglio, l’accordo poggia sull’affidamento delle due figlie minori ad entrambi i genitori, riconoscendo il domicilio presso tutti e due gli ex coniugi con una frequentazione a settimane alterne. Vacanze estive e natalizie stabilite a metà secondo accordi entro il 31 maggio ed entro il 30 novembre; Natale e Capodanno con l’uno e l’altro genitore ad anni alterni, così come le vacanze pasquali.

Storia di una legge male applicata

Si tratta di un’innovazione di grandissima portata tesa a rimodellare le norme in tema di affidamento dei figli, ora maggiormente orientabili verso modelli paritetici di affidamento, appunto, e quindi verso un’effettiva bigenitorialità che – pur prevista dalla legge esistente in materia (54/2006) – non ha mai trovato una facile applicazione. Anzi troppo spesso è stata fonte di autentiche sperequazioni, sia economiche sia morali verso i padri, a causa di orientamenti giurisprudenziali eccessivamente rigidi o contraddittori.

Il cuore di quella riforma risiede nell’art. 155 del codice civile sui provvedimenti riguardo ai figli in base al quale “anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.

Ciò significa per il Giudice “pronunciare la separazione personale dei coniugi adottando i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa e valutando prioritariamente la possibilità di affidamento ad entrambi i genitori oppure stabilendo a quale di essi affidarli, determinando tempi e modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo per contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione”.

Fino a questo punto sembrerebbe delinearsi sempre una strada in discesa per attribuire senza troppe difficoltà le rispettive responsabilità dei genitori, invece la stessa legge ha previsto, all’art. 155-bissull’affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento condiviso, che “che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore”.

Ecco il punto debole e gravemente controverso: il concetto “interesse esclusivo del minore” che è servito più che altro a scavare un solco incolmabile tra genitore collocatario, reale depositario della cura della prole, e genitore non collocatario quale figura relegata in un ambito di totale marginalità (se non per ciò che riguarda gli esborsi economici ai quali è chiamato).

Nessuna vera realizzazione, dunque, della bigenitorialità; almeno fino alle recenti sentenze citate che aprono spiragli sul raggiungimento di una concreta garanzia di pari opportunità tra mamma e papà.

Tu: “Ma in cosa consiste praticamente l’affido paritario?”

Il tema dominante è la possibile cancellazione del concetto di collocamento prevalente presso uno solo dei genitori e l’apertura di un coinvolgimento quotidiano di entrambi gli ex coniugi nella crescita e nell’educazione dei figli.

Ciò significa:

  1. Domicilio presso entrambi i genitori in via alternata;
  2. Residenza abituale presso un genitore ma solo per ragioni anagrafiche;
  3. Mantenimento diretto, ovvero l’obbligo di ciascun genitore a fornire vitto, alloggio e ogni spesa di convivenza nel tempo in cui si occuperà del figlio. Il resto delle spese, straordinarie e non prevedibili, divise al 50%;
  4. La casa resta al proprietario o, se in regime di comproprietà, previsto uno sconto del 50% sul mantenimento al genitore che lascia l’abitazione e deve pagarsi un affitto.

È evidente che soprattutto in tema di mantenimento e collocazione il cambiamento appare davvero rivoluzionario. Un cambiamento non solo normativo e giurisprudenziale, ma addirittura etico.

Ora i coniugi che decidono di separarsi, attraverso l’ausilio di avvocati esperti in diritto di famiglia hanno l’opportunità di sviluppare ogni possibilità di accordo al fine di perseguire un fondamentale obiettivo: il loro diritto-dovere di continuare ad essere genitori per il benessere del fanciullo.

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